di Federico Sannino
Qualche sera fa sono andato a vedere la Tosca di Giacomo Puccini: un’opera interessante, affascinante, particolare ma soprattutto a 360 gradi, letteralmente!
Sul palcoscenico del Teatro Carlo Felice infatti troneggiava una scenografia visionaria, una struttura rotante che in pochi secondi portava gli spettatori da una parte all’altra di Roma, dagli Interni decorati della chiesa di Sant’Andrea alle sontuose stanze di Palazzo Farnese.
Oltre alla struttura rotante mozzafiato, che è stato un po’ il simbolo dell’allestimento genovese, anche gli abiti di scena erano ricostruiti con grande precisione storica e ogni costume raccontava qualcosa del personaggio che lo indossava: Scarpia per esempio, che deve simboleggiare la potenza del male, entra in scena con un abito molto sontuoso e imponente, oppure Tosca, passionale e romantica, indossa sempre abiti eleganti e fastosi. A emozionare il pubblico c’era poi la musica, che arrivava potente dalla buca dell’orchestra sotto il grande palco. Anche i suoni avevano precisi significati: se doveva entrare in scena Tosca l’orchestra iniziava a suonare un brano caldo e gioioso, invece nelle scene drammatiche la musica era malinconica, calante e cupa.
Naturalmente per assistere a questo tipo di spettacoli occorre mantenere un certo contegno: niente fruscìì di pacchetti di patatine e stappi di bottigliette d’acqua mentre in scena si consuma una scena strappalacrime, ma il sacrificio è abbondantemente ripagato dall’unicità dell’esperienza, come testimoniava la presenza in sala di un pubblico molto giovane, accanto agli appassionati da una vita. Tra le immagini indimenticabili della mia prima volta all’opera, l’angelo vendicatore del terzo atto.
Inaspettato e magnifico.