Diaz, vent’anni dopo, per non dimenticare

Descrivimi l’intera vicenda in una breve frase. Un altro mondo è possibile.

di Ada Banfi D’Agostini

Per scrivere questo articolo mi sono documentata guardando il film “Diaz, Non lavate questo sangue” e intervistando mio padre, che era presente alla manifestazione del G8 nel 2001

Vent’anni fa a Genova si tenne il G8, un forum politico che raggruppava i governi nazionali di Giappone, Canada, Italia, Germania, Francia, Regno unito, USA, Russia e i rappresentanti dell’unione europea. Questo gruppo si riunisce per discutere sulla gestione economica, politica e sociale del mondo e degli scambi commerciali tra paesi. In quella occasione venne organizzata un’enorme manifestazione per protestare contro la globalizzazione. Questa venne organizzata principalmente dal Genoa Social Forum, che è un movimento del tutto pacifico che riuniva migliaia di altri movimenti e associazioni da tutto il mondo. Questo gruppo nei giorni del G8 ebbe come sede la scuola Diaz: avere un punto d’appoggio serviva per organizzarsi, aiutare le persone ad orientarsi e anche per ospitare chiunque avesse bisogno di un luogo dove passare la notte.

La terribile notte del 21 luglio è ricordata per il massacro, anche detto “la macelleria”, avvenuto alla scuola Diaz. Infatti i capi delle forze dell’ordine mandarono squadroni di poliziotti con la scusa di cercare gruppi di Black Bloc (un gruppo di manifestanti autonomi, vestiti di nero e coni volti coperti che manifestano con violenza contro la polizia, distruggendo anche negozi, automobili, ecc.) che non erano affatto presenti nella struttura. Vennero invece massacrate persone di ogni tipo: vecchi, giovani, giornalisti, studenti, donne, ecc…

Solo dopo svariati processi durati anni verrà capito definitivamente ciò che già i cittadini genovesi e chi aveva partecipato alla manifestazione, sapeva, ovvero che erano stati massacrati cittadini del tutto innocenti.

Di seguito l’intervista fatta a mio padre

Con chi sei andato alla manifestazione contro il G8?
Sono andato alla Diaz con un gruppo di amici con cui condividevo (e condivido) ideali politici. Eravamo lì per partecipare alla manifestazione che si teneva in occasione del G8. Protestavano contro l’aumento delle disuguaglianze, la devastazione ambientale, il peso delle multinazionali nell’economia e nella politica ma anche contro gli organismi geneticamente modificati e per la cancellazione del debito dei paesi poveri.

Quali motivazioni esattamente ti hanno spinto ad andarci?
In particolare ero lì perché insieme a questi amici avevamo fondato un sito di contro- informazione che si chiamava “31Febbario”. La Scuola Diaz era infatti il centro operativo della manifestazione, trovavi gli organizzatori, i medici volontari che assistevano i manifestanti, gli avvocati che fornivano assistenza legale, una radio che trasmetteva 24 al giorno la cronaca degli eventi e i giornalisti di varie testate, tra cui la nostra, che aveva portato i propri computer e da lì potevano accedere alla Rete. Ero quindi alla Diaz perché facevo parte, come fotografo, dei giornalisti che seguivano la manifestazione

Quando hai capito che c’era bisogno di andarsene? E come hai fatto a capirlo?
Durante i due giorni precedenti molte cose erano successe. Le notizie erano spesso incerte e confuse ma quello che sapevamo di certo era che diverse persone erano state arrestate, molte altre pestate dalla polizia, un ragazzo era morto durante gli scontri. La situazione era carica di tensione. Ricordo che alla conclusione della manifestazione finale, io ed un mio caro amico ci guardammo negli occhi e capimmo che, se ancora avevamo qualche garanzia democratica che ci tutelava, di lìa breve sarebbe saltata. Finito lo spettacolo, spenti i riflettori, partiti i potenti della terra, rimanevamo solo noi, figli di nessuno, e la polizia.
Decidemmo così di impacchettare tutte le nostre attrezzature e levarci da lì, il più in fretta possibile. Consigliammo di fare lo stesso a tutti quelli che conoscevamo o che incontravamo; alcuni accettarono l’invito, molti altri no.

Quindi alcuni non sentivano che c’era aria di pericolo. Che sentimenti provavi quando hai deciso di non passare la notte nella scuola?
Principalmente sollievo: come ho già detto non mi piaceva la piega che gli eventi avevano preso e quindi ero ben contento di andarmene. Ero però anche molto preoccupato per tutti quelli che sapevo sarebbero rimasti.

Con che mezzo te ne sei andato dalla situazione? Mi raccontasti che non era affatto facile andarsene, i treni erano pieni, tante persone non riuscivano a trovare autobus o altro per andare via e la situazione che si stava andando a creare era molto tesa e pericolosa.
Me ne sono andato via dalla Diaz guidando la macchina di un collega ed amico. A quel tempo avevo uno studio fotografico in società con un ex compagno della scuola di fotografia. Lo vidi arrivare alla Diaz proprio mentre stavo impacchettando tutto.
Anche lui era li per la manifestazione ed erano due giorni che girava per Genova. Non so dove avesse dormito la sera prima, conoscendolo forse non aveva dormito per niente. Era esausto. Mi disse che pensava di fermarsi lì ancora per una notte perché era troppo stanco per guidare. Gli dissi che non mi sembrava una buona idea e di non preoccuparsi perché lo avrei portato io a casa; ero riposato e potevo tranquillamente guidare fino a Milano.
Tra tutti quelli che avevano deciso di fermarsi alla Diaz, almeno uno ero riuscito a convincerlo.

E dopo, quando sei venuto al corrente di cosa era successo, come hai reagito?
Quando sono venuto al corrente dell’irruzione della polizia alla Diaz stavo ancora guidando per tornare a Milano. Ero all’altezza di Alessandria quindi dovevo essere andato via dalla Diaz circa un’ora prima dell’arrivo della polizia. Ero molto preoccupato per tutti quelli che si trovavano ancora lì.

Descrivimi l’intera vicenda in una breve frase.
Un altro mondo è possibile.