Un mare di plastica

Io e la mia famiglia stiamo cercando di usare meno plastica possibile eseguendo alcune semplici daily routine: io, ad esempio uso un dentifricio in pastiglie, meno veloce ma che non mi fa buttare un tubetto di plastica al mese.

di Giulio Cuttica

Durante la mia prima lezione di DAD alle medie (per maltempo, non per Covid) ho scoperto l’esistenza delle isole di plastica. Quest’estate ho visto di persona quanto il mare sia pieno di spazzatura.

Le isole di plastica che oggi sono sparse in tutto l’oceano, possono avere dimensioni di molti chilometri quadrati e influiscono pesantemente sull’ecosistema marino senza il quale potremmo definirci letteralmente morti. Le isole di plastica si formano con l’accumulo di spazzatura (in genere resti di macchine, plastica, reti e altri rifiuti in cui gli animali possono facilmente incastrarsi o strozzarsi) che viene purtroppo gettata in mare.

Questa sopra è la piantina delle cinque isole di plastica sparse nel mondo. Per farvi capire le dimensioni: tutte le isole (garbage patch) messe insieme sono 52,68 volte più grandi dell’Italia.

Inoltre, lo sapevate che solo il 20% di tutti i rifiuti che produciamo finiscono in discarica? E gli altri che fine fanno? Una bella parte finisce per inquinare il mare purtroppo. Queste isole sono in continuo movimento e sono concentrate nell’oceano Atlantico e Pacifico.

Quest’estate, mentre mi trovavo ai bagni Punta Stella di Zoagli, la mia amica Maria Vittoria ha visto degli oggetti sul fondale, così abbiamo deciso di fare un po’ di pulizia in quel pezzo di mare, per contribuire al benessere di pesci e bagnanti. Ci siamo equipaggiati di maschere, boccagli e pinne e abbiamo cominciato a perlustrare la zona. Ogni volta che trovavamo un oggetto decidevamo chi si sarebbe immerso a recuperarlo e se era grosso o pesante lo riportavamo insieme alla riva. Così, nel giro di un’ora, abbiamo trovato di tutto e di più: alcuni pezzi di plastica, un timone, dei teli molto sottili simili alle meduse (di cui le tartarughe vanno ghiotte) e altra “rumenta” ormai tanto consumata dall’acqua da non essere più riconoscibile. Abbiamo riempito un intero bidone che poi il bagnino ha portato alla raccolta differenziata.

Che fare?

Io e la mia famiglia stiamo cercando di usare meno plastica possibile eseguendo alcune semplici daily routine: io, ad esempio uso un dentifricio in pastiglie, meno veloce ma che non mi fa buttare un tubetto di plastica al mese, ricarichiamo i detersivi e i saponi nei negozi che li forniscono sfusi, quindi senza acquistare nuovi flaconi ogni volta (tra l’altro sono bio compatibili), acquistiamo bottiglie d’acqua in vetro invece di quelle di plastica che, oltre ad inquinare, conservano molto peggio l’acqua e quando siamo fuori invece cerchiamo di portare la borraccia per non comprare bottiglie di plastica.

Probabilmente quello che facciamo è decisamente poco, perché il problema è grande e serve anche l’intervento dei governi. Però se a ciascuno di noi venisse in mente ogni volta che ha in mano un pezzo di plastica che potrebbe finire per soffocare una tartaruga o un delfino, probabilmente saremmo tutti più attenti ad usarla.

Anche i governi si stanno dando da fare: per esempio, nell’Unione Europea, dal 3 luglio 2021, è entrata in vigore la normativa che vieta la produzione di piatti, bicchieri, posate, cannucce di plastica monouso: Sono infatti questi i prodotti che finiscono con maggior frequenza sulle nostre spiagge e nei nostri mari.

Infine la scienza ci sta già dando una mano per capire come sciogliere le isole già formate: parliamo dei batteri mangia-plastica. Un nuovo studio condotto da ricercatori internazionali evidenzia come alcuni batteri siano in grado di degradare la plastica. Questo meccanismo biologico naturale potrebbe essere sfruttato in futuro per combattere l’inquinamento dei nostri oceani.

Pulire il fondale di Zoagli è stato molto utile. Ho capito quanto sia pieno di rifiuti: se fossimo stati più attenti, oggi non sarebbe in queste condizioni. Ma ancora una speranza c’è, dobbiamo fare tutti un grande sforzo; a stimolarci, poi, sarà la paura di un mondo peggiore e la speranza in un mondo migliore.