La lezione che ho imparato dalla quarantena

La felicità per me è proprio questo, vivere, e questa felicità va condivisa con altre persone, perché non si riuscirebbe a vivere da soli.

di Francesca Della Ratta

Il lockdown è finito, questa quarantena mi ha fatto pensare molto, ho capito molte cose e mi ha fatta crescere un po’ di più.

Un po’ di tempo fa, a scuola, abbiamo letto il canto I dell’Inferno tratto dalla Divina Commedia. In questo brano Virgilio va in soccorso di Dante, l’autore ha scritto questo per dire che l’uomo non si salva da solo: io non la pensavo così, pensavo che ognuno riuscisse a dare tutto da sé, ma poi ho capito che non è così. La felicità la si trova nello stare insieme, nel vedere che c’è qualcuno disposto ad aiutarti davanti alle difficoltà, infatti è triste pensare che un sacco di persone sono morte a causa del virus da sole senza nessuno.

Quello che desidero, e mi imporrò di fare da oggi in poi, è vivere a pieno le giornate, in questa quarantena ho capito il valore della vita, il valore dell’avere un cervello funzionante – di cui spesso ne usiamo un cinquanta per cento – per vivere a pieno. Ho deciso che valorizzerò di più le cose che mi stanno intorno, non le guarderò più in modo superficiale: voglio trarre dalle cose semplici la felicità come osservare gli alberi o il cielo o qualsiasi altra cosa che fa parte del pianeta in cui viviamo.

Per sentirci parte del mondo, secondo me, non dovremmo aspettare che il mondo ci metta le cose davanti, dovremmo noi prenderle dal mondo, non dobbiamo lasciare che ogni avvenimento ci travolga sbattendoci da una parte all’altra, dobbiamo reagire perché possiamo farlo, basta volerlo.

L’uomo molto spesso viene paragonato da molte persone ad computer molto sofisticato, ma l’uomo non può essere una macchina: è molto di più, secondo me è un accumulo di energia e questa energia dovrebbe usarla per cose costruttive ricorrendo all’uso dell’intelletto, così vivrebbe veramente.

La felicità per me è proprio questo, vivere, e questa felicità va condivisa con altre persone, perché non si riuscirebbe a vivere da soli.