Storie per non dimenticare: Lucia Tringali racconta

Lucia racconta storie, lo fa ogni giorno nella Casa di Quartiere che gestisce al Lagaccio, zona popolare di Genova considerata “difficile”

di Arianna Macchiavello

Arriva nella nostra scuola alla fine di una settimana importante, quella dedicata alla memoria e allo strazio che accompagna la rivisitazione dell’orrore della Shoah e capiamo subito che ha qualcosa di diverso da raccontare.
Lucia Tringali, scrittrice, vincitrice del Premio Andersen Baia delle Favole, pedagogista, esperta di letteratura per ragazzi, si rivolge agli studenti che affollano l’Aula Magna del nostro Istituto sorridente e rassicurante, pronta a mostrare un nuovo punto di vista.

Lucia racconta storie, lo fa ogni giorno nella Casa di Quartiere che gestisce al Lagaccio, zona popolare di Genova considerata “difficile”, lo fa per i bambini e per le mamme che non avrebbero nessuna possibilità di leggere, se lei non avesse messo a disposizione i suoi libri e non avesse cominciato a raccontare loro storie.

Fa così anche con noi, ci parla di come ha iniziato a raccontare la Shoah ai bambini e di come abbia avuto un personaggio guida: il dottor Korzack, grande pedagogista vissuto negli anni della guerra.
Per lui bambini e ragazzi erano persone e dovevano essere trattate con lo stesso rispetto degli adulti. Fondò la Casa dei Bambini, dove raccoglieva ragazzi senza famiglia che autogestivano insieme a lui l’orfanotrofio concordandone le regole, in un modo assolutamente rivoluzionario per quei tempi.
Dopo le leggi razziali fu obbligato dai nazisti a trasferire la Casa dei Bambini nel ghetto di Varsavia e, nonostante sapesse che tutti sarebbero stati deportati nei campi di sterminio, continuò fino all’ultimo giorno a leggere storie accompagnandoli fino alla fine, ma proteggendo la loro dignità di individui.

Gli studenti ascoltano con attenzione, sembra proprio la sua storia.

Passa poi ad altri racconti di resilienza, come la Storia di Erika di Roberto Innocenti che narra di una bimba di pochi mesi lanciata dai genitori da un treno di deportati su un prato, perché si potesse salvare dallo sterminio. O come La città che sussurrò di Jennifer Elvgren, il racconto di una famiglia danese che nasconde due persone in cantina. È la bambina più piccola di casa che porta il cibo ai prigionieri, ed è lei a descrivere come un’intera città si faccia intorno agli ebrei che devono scappare guidandoli sussurrando nel buio fino al porto dove una nave li condurrà in salvo in Danimarca. Il messaggio è chiaro: ci ricorda che anche nelle situazioni più difficili è sempre possibile fare una scelta.

Il tempo passa in fretta mentre Lucia racconta ed ecco l’ultimo libro che ha deciso di presentarci: Solo una parola di Matteo Corradini. Qui l’autore immagina che dall’oggi al domani per legge dello Stato le persone con gli occhiali diventino nemici. In maniera assurda tutti iniziano a pensare che gli occhialuti siano responsabili dello sterminio dei daini con cui si fanno le pezzuole per pulire gli occhiali. Tutto il male inizia da una sola parola: qui Lucia si accalora spiegando come questa sia la stessa logica delle leggi razziali per giustificare il fatto che un solo uomo potesse decidere della vita di milioni di altre persone. Leggendo questo libro si entra nella logica perversa della costruzione del nemico.

L’incontro finisce, usciamo dall’Aula Magna pensando che questo continua a succedere, la macchina della creazione del nemico, della paura del diverso, continua ogni giorno, pensiamo all’attualità e alla discriminazione che si sta facendo sui cinesi a causa del Coronavirus …

È proprio a questo che serve la Storia: tutto si ripete, non dimenticare significa cercare di non sbagliare più.